Donatella Talini

Donatella Talini

lunedì 15 novembre 2010

Una bella notizia

Luca Nardini, con il racconto "Ninna nanna", è tra i vincitori del Concorso Letterario Stefano Marello di Torino.
Il tema indicato per la V edizione del Concorso era "Radici: le origini, i luoghi, la lontananza e il ritorno".
La premiazione avrà luogo Sabato 11 Dicembre 2010 alle ore 10,30
Teatro Monterosa
Via Brandizzo 65 - Torino

domenica 14 novembre 2010

Ciccio

A pagina 61-62 di Dolls c'è questo passaggio: "gli ex tossici - che tra loro si chiamavano 'ciccio' - erano quelli che dirigevano la cooperativa". Perché proprio "ciccio"? Può sembrare un'espressione bonaria, nel senso di Franco e Ciccio, oppure Ciccibum - o magari una sorta di vezzeggiativo infantile come cicciobello? Qualcuno forse si ricorda ancora di Cicciolina? Mi sembra tuttavia che il significato possa estendersi anche oltre la bonarietà: "ciccio" deriva piuttosto dall'accezione "tirare a fare ciccia", che secondo il dizionario della lingua italiana Devoto-Oli vuol dire abborracciare, acciarpare; ma anche cercare di far quattrini a più non posso, senza tanti scrupoli.
Così, una parola che a prima vista può apparire come buttata là, si rivela molto puntuale e carica di simbologia, una parola doppiofondo. Anzi, "ciccio" svela uno dei lati peggiori delle cooperative sociali - almeno di quelle che assomigliano al "Portico" di Dolls: portare avanti un lavoro abborracciato con pochissimi scrupoli di coscienza, ma con l'intento di battere cassa. Naturalmente facendo credere che il "ciccio" stia sempre dalla parte dei buoni. La lingua di Dolls è seria e precisa anche nell'estetizzazione del banale.

mercoledì 20 ottobre 2010

I vivi e i morti

Ancora una volta, alcuni, domandano se dietro a quei personaggi del libro ci sono delle persone reali. L'autore ha più volte risposto che ogni lettore può immaginare quello che vuole, la lettura è un atto anarchico. Forse sono più importanti considerazioni diverse. Per esempio: in Dolls non esistono riferimenti a luoghi geografici precisi se non nell'ultima parte, quando entra in scena Bugnano (o Buiano) il paese di ruderi legato all'infanzia del protagonista, nel comune di Bagni di Lucca. La contrapposizione, nelle pagine del libro, è netta: se a Bugnano sono vivi anche i morti, nella Cooperativa Sociale Il Portico spesso sono i vivi a essere già morti... Quindi, anche volendo, come fai a parlare di persone reali? Meriterebbe invece dilungarsi su quei ragazzi e su quelle ragazze allieve dei corsi di formazione professionale progettati dal "proffe", il Mannucci. Loro sì che nel romanzo appaiono vivi, e sono loro e pochi altri gli unici a portare un po' di vita dentro quelle mura. Molti cooperatori invece pensano alle vacanze, ai funerali, alle convention, a qualche amorazzo... qualche pacca sulle spalle o sul culo, dipende da quello che vogliono ottenere.

lunedì 18 ottobre 2010

Serata in biblioteca, a Castelfranco

Due ore piene dedicate all'interprertazione di Dolls! I temi sono stati molti: il valore della scrittura, la capacità di scelta e il coraggio, la deriva economicistica della cooperazione sociale, la solidarietà mercificata, il cinema di Lars von Trier e di Kitano... e poi anch'io, Dona, e la mia storia d'amore, e non soltanto, con Giorgio. Ringrazio Annalisa per la bella e sentita presentazione, e il direttore Fabrizio - che ha organizzato la serata - e Serena. Ringrazio anche tutti gli intervenuti e le loro domande davvero interessanti e partecipate.

giovedì 30 settembre 2010

"Dolls", incontro in biblioteca a Castelfranco

All'interno della rassegna "Festival della lettura VI edizione"

Biblioteca Comunale di Castelfranco di Sotto (PI)
(p.zza XX Settembre)

Dolls - incontro con l'autore
domenica 17 ottobre ore 16.30

lunedì 27 settembre 2010

Un po' di Shakespeare, un pochino...

Il sunto di una ricerca sulle cooperative sociali di Stefano Castriota, pubblicato su Internet, ha per titolo Neanche le cooperative sociali sono perfette. Dev'essere un eufemismo. Perché Castriota scrive: "Negli ultimi tempi, però, sono emersi dei problemi..." e giù l'elenco, il solito elenco di quei problemi che non sto a ripetere per paura di annoiare il lettore. C'è comunque un paragrafetto interessante che riguarda i percorsi di carriera. Punto la mia attenzione proprio qui: "Lo stipendio sembra dipendere più dagli anni di esperienza nella cooperativa che non dal livello d'istruzione" scrive Castriota "Il livello d'istruzione, infatti, non mostra alcun effetto diretto sullo stipendio di impiegati e dirigenti. Delle due l'una: o l'istruzione non è remunerata adeguatamente, oppure per il tipo di mansioni svolte all'interno delle cooperative sociali non è necessario un elevato livello educativo". In entrambi i casi, comunque, siamo di fronte a "una mancanza di percorsi di carriera ben definiti". Non c'è di che essere orgogliosi, mi sembra. E allora? Intanto bisogna imparare a fare a meno degli eufemismi, e formulare la seguente domanda: chi e che cosa, dentro una cooperativa sociale, decide della tua carriera di dipendente? Dolls, tra l'altro, cerca di fare chiarezza proprio su questo punto: chi sono quelli che effettivamente decidono? E chi sono quelli che invece subiscono le decisioni? E soprattutto: perché? Insomma, Stefano Castriota si limita a dire: "C'è del marcio anche in Danimarca", e auspica che si intensifichino i controlli per "iniziare a punire le organizzazioni scorrette". Mentre Dolls sta veramente dalla parte di Amleto, e completa la citazione: "O canaglia, canaglia, maledetta canaglia sorridente! A me il mio taccuino! Perché è bene che vi scriva che uno può sorridere, e sorridere, ed essere una canaglia... almeno sono sicuro che così si può essere in Danimarca (E scrive)". Non è forse vero che si sorride, in Danimarca?

lunedì 6 settembre 2010

venerdì 27 agosto 2010

Una poesia di Luca Nardini

MANUEL


Se incontrate Manuel lo riconoscerete dal suo incisivo
rotto, dal passo morbido eppure trascinato
d’insopportabile leggerezza, la sciarpa raggomitolata
sotto l’incredibile copricapo sufi.
Vi prego, se incontrate Manuel fate conto che sia mio figlio
una sigaretta ve la chiederà senz’altro
poi vi ringrazierà, dategli per me quel sorso di fumo.
Ha occhi bruni d’alabastro e ieri mi disse che i colori
nelle giornate d’inverno sono belli e cercava una parola
dal suo vocabolario insufficiente
e io che pensavo “tersi” “puliti” “nitidi” “squillanti”
ho avuto troppo poco tempo per insegnargli
anche semplicemente una parola in più. E poi mi ha domandato
se a mio padre avessi voluto bene e io ho risposto sì
“Ma allora perché non hai nemmeno un figlio?”
io che sapevo tutte le parole
soltanto Manuel mi ha insegnato che quando fai un figlio
lo fai per un amore e un egoismo
spropositato,
senza vergogna,
così,
perché qualcuno un giorno forse ti voglia bene.
Lo riconoscerete dalla sua faccia gonfia di pugni
dal modo che ha di chiudere gli occhi quando c’è troppo sole
per questo vi chiederà l’euro che gli serve
per mettere insieme una birra amara. E allora fate conto
che sia il mio figlio più gentile, perché Manuel vi ringrazierà.

sabato 7 agosto 2010

La frase sulla lavagna

Un amico mi ha scritto che gli dispiace che l'aspetto rimarcato negli interventi su Dolls sia quello della denuncia. Anche se “le cose che vengono riportate sono utilissime per aprire gli occhi”, secondo lui questa chiave interpretativa è limitante. Un certo tipo di scrittura ti fa aguzzare lo sguardo su quel che ti circonda, non c'è dubbio, e tuttavia non è sufficiente, almeno se si tratta di letteratura.
Sono d'accordo. Anzi, penso che sarebbe d'accordo anche Giorgio Mannucci, il protagonista di Dolls. Nel capitolo 10 della seconda parte del libro si assiste a una delle sue strane “lezioni”, e il punto di vista è quello di una sua giovanissima allieva, Monica. C'è una frase che viene scritta sulla lavagna, che è la riflessione di un altro allievo, un certo Emanuele, uno “che non apre mai bocca”: “la morale è che non sempre quello che si vede è realtà. Ma si può sempre sognare quello che si vede”. Questo, secondo me, potrebbe essere un'altra chiave di lettura di Dolls. Vi invito a riflettere: Emanuele non dice 'vedere', e non dice nemmeno 'sognare per non vedere'. Emanuele dice 'sognare quello che si vede'. Cosa intenderà? proprio lui che non apre mai bocca?

venerdì 30 luglio 2010

Domenico Ciardulli scrive di Dolls

Scrive di Dolls, Domenico Ciardulli, e molto altro. L'articolo, che rivela un'appassionata intensità, ha per titolo Una cooperativa sociale che licenzia.
Ringrazio tantissimo Domenico che mi ha citata nell'articolo, come personaggio che "fa vibrare e suscita emozione", insieme a Giorgio, gatto Fedro, i luoghi e le storie d'infanzia, al rapporto con gli allievi adolescenti dei corsi di formazione professionale...
Dona

giovedì 22 luglio 2010

Logiche nazistoidi?

Domenico Ciardulli, meno di un mese fa, ha pubblicato su Internet un intervento che ha per titolo “Gli aspetti criminogeni di alcune cooperative sociali” (27 giugno 2010). L'analisi parte da un fatto di cronaca: un certo Giampietro, licenziato da una cooperativa sociale di Roma, secondo quanto ha stabilito la Corte d'Appello è stato riassunto e indennizzato con tre anni di stipendi e contributi. “Giampietro”, scrive Ciardulli, “è un lavoratore in età matura con una personalità 'tosta'”, e forse ha subito delle vessazioni proprio per questa sua indole - la cocciutaggine, la testardaggine - la stessa che a distanza di tempo lo ha portato ad avere giustizia. Giampietro ce l'ha fatta dunque, ma bisogna considerare che lui è soltanto uno dei tanti epurati, perché “altri amministratori di cooperative sociali piccole e grandi, hanno potuto selvaggiamente licenziare e mobbizzare in questi anni contando su una sistematica impunità derivante dalla mancanza di controlli degli enti locali, dalla mancanza di vere tutele sindacali e dalla debolezza economica di assistenti domiciliari, Oss, educatori, assistenti sociali che lavorano nel cosiddetto 'no profit' (no profit? Sigh!)”. I dirigenti di certe cooperative, infatti, “ricorrono a licenziamenti e discriminazioni per generare paura e omologazione” favoriti da “legami parentali e politici che esistono tra alcune cooperative e tra cooperative e uomini di partito”. E' un sistema insomma, un sistema che tuttavia – ma non sempre! - gode di “sistematica impunità”. “Storie di soprusi come quelli a danno di Giampietro ce ne sono probabilmente tante altre, ma esse non riescono ad approdare in tribunale o sulle cronache e rimangono ben nascoste dietro la facciata ipocritamente pulita di alcune cooperative e associazioni Onlus”. Domenico Ciardulli si spinge oltre, e scrive che secondo lui, “non sarebbe esagerato se dicessimo che alcuni amministratori di cooperative sociali sembrano seguire logiche 'nazistoidi' di 'selezione della razza'”. A questo punto della lettura mi è tornato in mente un brano di Dolls, proprio nelle prime pagine, dove il presidente della cooperativa sociale “Il portico”, quella del romanzo, è paragonato addirittura a Heichmann, “l'impegato più rigoroso del partito nazista...”. Una faccia insignificante la sua, anonima... la faccia giusta per praticare il muro di gomma a copertura della carognata che sta accadendo nella cooperativa che dirige. Ma Dolls è soltanto un romanzo. Se v'interessa invece l'attenta analisi di un fatto di cronaca leggete interamente l'articolo di Domenico Ciardulli, ve lo consiglio.

venerdì 9 luglio 2010

Bella serata a Fucecchio

Continua la lettura e l'analisi di Dolls. A ogni presentazione nuovi spunti per approfondire le tematiche del romanzo. I diversi lettori, così come dev'essere, completano la costruzione dell'opera.
Un sentito grazie a David della libreria Martin Eden e a quanti hanno partecipato alla serata.

mercoledì 7 luglio 2010

Dolls alla radio e su Sky

- radio
giovedì 8 luglio 2010 intervista all'autore all'interno del programma “La luna e i falò...”, in onda dalle ore 21,30 alle ore 23,30 sulle frequenze di Nuova Spazio Radio (in FM, 88,150 si ascolta solo nel Lazio; altrimenti direttamente dal sito internet www.elleradio.it è possibile ascoltare cliccando su “ascolta la radio)

- TV
canale Viva l'Italia Channel Sky 830 – www.vivalitaliachannel.it
Interviste e commenti su Dolls all'interno dei seguenti programmi:
10 libri 93 domenica 11 luglio ore 18,45;
Puntata 191 Se Scrivendo venerdì 16 luglio ore 17,30;
Bookshelf domenica 18 luglio ore 22,15.

domenica 4 luglio 2010

Cosa c'entrano i Quattro Mori?

Il signor Itchek ha trovato un libriccino di un certo Aldo Santini, “livornese polemico”, dedicato al celebre monumento labronico, Livorno e i Quattro Mori. Ne consiglia la lettura, perché di un qualche interesse, sia storico che aneddotico, anche se immagina che sia un libro di non semplice reperibilità.
Descrizione sintetica del monumento: quello sul piedistallo, in marmo bianco di Carrara, è Leopoldo I della famiglia Medici; ai suoi piedi, incatenati e fusi nel bronzo, stanno invece i Mori, cioè i Turchi musulmani, schiavi. Il monumento è collocato, come tutti sanno, all'ingresso del porto, e nonostante sia un'opera che celebra il dominio del Granduca di Toscana – tanto che i rivoluzionari francesi volevano abbatterlo perché a loro dire “ignobile” – ha tuttavia un pregio: guardandolo, si capisce bene chi sta sopra e chi sta sotto.
Livorno, nel '600, ospitava una colonia di schiavi non indifferente. Nelle camerate del Bagno – che così si chiamavano gli alloggi di quei poveracci – ne furono inzeppati fino a 3.000, contemporaneamente.
Descrizione dell'attività della comunità dei forzati quando non stavano al remo di una galera: “Scaricavano le galere, spazzavano le strade, vuotavano i cassonetti, annaffiavano le aiole... a tre forzati fu concesso di gestire un baracchino nel porto... picconavano nei cantieri edili”. Non è difficile rendersi conto che gran parte delle attività sopraelencate, oggi, sono quelle svolte dai cooperatori sociali di tipo B (facchinaggio, igiene urbana, giardinaggio, gestione bar, edilizia) e se non basta vengono di seguito specificate le attività delle cooperative sociali di tipo A, servizi alla persona: “quelli di modi gentili nonché di bell'aspetto, ripuliti a dovere, servivano nelle case dell'alta borghesia, aiutavano in cucina e s'ingegnavano di soddisfare signori & signore.” Ma a che pro il signor Itchek si è dilungato nelle citazioni? Lui vuole arrivare una prima domanda, che poi ne fa scaturire una seconda: ammesso e non concesso che i Quattro Mori siano gli odierni cooperatori sociali di tipo A e di tipo B... chi è Leopoldo I della famiglia Medici, il Granduca di Toscana? Cioè quello, per intenderci, che nel monumento sta in alto? Seconda domanda: sarà proprio vero che i Mori incatenati ai remi e Leopoldo I, come dicono nelle cooperative sociali, sono tutti sulla stessa barca? Il signor Itchek, di Leopoldi, ne conosce più d'uno, e saprebbe indicarli a dito. Alla seconda domanda invece risponderebbe di no: i Mori e i Leopoldi non sono certo sulla stessa barca (galera) – anche se i Leopoldi fanno di tutto per farglielo credere, a quelli di sotto che remano... E così, tanto per rimanere nella metafora, confondono le acque: dicono che sopra o sotto fa lo stesso, sono tutti soci loro, oggi non è più come nel monumento di Livorno. Almeno nelle cooperative sociali. Lo dicono dal piedistallo però!

mercoledì 30 giugno 2010

I galletti e il pettirosso

Per capire è necessario anche ricordare. E' dai primi anni novanta che l'alternativa economica delle cooperative sociali si trasforma in un modello di “economia della bontà”, in subordinazione alle esigenze del mercato. Allora si arrivava perfino a teorizzare che le cooperative non-profit potevano rivelarsi lo strumento economico più idoneo per l'attuazione della cosiddetta qualità totale di matrice Toyota... Certo, sarebbe stato indispensabile che i loro consigli di amministrazione masticassero un po' dei cascami della cultura del management, che in Italia aveva cominciato a far mostra di sé soltanto nei tardi anni ottanta. Comunque no problem: galletti amburghesi prontissimi ad autopromuoversi come i nuovi imprenditori e i manager del sociale, desiderosi di corsi di marketing e di contabilità finanziaria, crescevano come funghi. E poi, nella grande famiglia della cooperativa, a loro non era richiesto nemmeno di vendere l'anima – perché l'anima, al contrario, te la mostravano sempre bella lucida e specchiata lì sulla scrivania, poeti e profeti del “senza scopo di lucro”.Va da sé che la selezione naturale ha operato per quindici anni e i molti galletti amburghesi hanno spazzato via i pochi pettirossi da combattimento. Anzi no, non voglio essere apocalittica: un pettirosso, dentro una cooperativa, ci fa ancora la sua bella figura... almeno finché non si permette di disturbare i galletti al comando, o come puntualizzano lorsignori, di non rompere le palle. Direi piuttosto così: il pettirosso appartiene all'iconografia cristiana del sacrificio e alza al cielo il canto del valore - e intanto i galletti organizzano i polli del pollaio. Una volta all'anno convocano perfino l'assemblea dei polli e li invitano a una cena sociale, perché i pulcini, dopo tanto impegno sul lavoro, la meritano eccome! Poi progettano le convention e chiamano per ospiti qualche super-gallo e diversi “polloni”, si spidocchiano fra di loro e nessuno gli fa le pulci. Nel frattempo ingrassano e stanno in salute, alla faccia di chi gli vuole male. Anche se viene seriamente da chiedersi a chi può passare per la testa di criticarli, visto che lorsignori, si sa, non lavorano certo per il proprio interesse ma per quello del territorio. Il pettirosso così continua a volare all'altezza del Crocifisso e canta il suo verso, non importa se in buona o cattiva fede. E' questa la funzione del pettirosso, e tutto va per il meglio.

lunedì 28 giugno 2010

Presentazione Dolls a Fucecchio

venerdì 9 luglio 2010 ore 21,30
Libreria Martin Eden
via Nelli 2 Fucecchio FI
(da p.za Montanelli verso Fucecchio alto)

domenica 27 giugno 2010

Dolls nella cripta

La presentazione di Dolls, a Roma, è andata bene. Dolls ha destato una qualche curiosità, e Luca Nardini ha risposto alle domande del pubblico su argomenti anche molto diversi tra loro: il suo rapporto con la scrittura, i livelli di comunicazione del piatto-recitativo e quelli dell'autenticità, Herbalife inteso come dipendenza a un modello di massificazione, le cooperative sociali e dove andranno a finire o dove piuttosto sono già finite - e poi l'analisi del rapporto tra Giorgio e Donatella e anche quella di Giorgio con i suoi allievi... e “Perché proprio questo titolo qui, Dolls?” “E il sottotitolo?” C'è stato di che discutere. La saletta della presentazione sembrava una cripta, e tuttavia luminosa, elegante, ordinatissima. Fuori infuriava il temporale.

giovedì 24 giugno 2010

Ancora il signor Itchek, questa volta su "La droga"

Era la fine di marzo del 1983, il signor Itchek se lo ricorda bene. Il centro convegni della sua città ospitava un'iniziativa che a prima vista poteva dirsi interessante. O almeno lo era per Guglielmo Mannucci, che che aveva poco più di vent'anni ed era appena diventato il signor Itchek. L'iniziativa si intitolava Dal tunnel della droga puoi uscire e quello lì al microfono era il prete e quelli sulla destra e sulla sinistra gli apostoli, ex-tossicodipendenti freschi freschi. In platea la moltitudine plaudente dei genitori e molti altri “protagonisti” del percorso di recupero.
Fu un lampo. Il signor Itchek capì immediatamente che ammesso che uscire dal tunnel della droga fosse così problematico – e questa metafora del tunnel veniva offerta a piene mani – ammesso che uscirne fosse davvero possibile, la questione era anche un'altra: uscirne per andare dove? Il prete sembrava molto sicuro di quello che diceva, e metteva in campo i valori come il generoso dispensiere di uno spaccio alimentare: “vita”, “famiglia”, “persona”, “amore”, “dio”, “senso”, “umanità”, “insieme”,“autenticità” - “Quanto gliene faccio di 'famiglia'? Le bastano due etti?”. Il pubblico partigiano batteva le mani nell'invasamento e innalzava inni di gratitudine. Il signor Itchek invece aveva paura. In qualche modo, quella sera si beccò anche dello stupido, perché uno psicologo lì presente – di quale scuola? - disse che in fin dei conti, “provare una droga”, era un segno di curiosità... e chi non ne era tentato nemmeno un pochino voleva dire che forse si rivelava un po' ottuso, anzi, quasi sicuramente scemo. Insomma, diciamoci la verità: drogarsi, diventare tossicodipendente e poi smettere e andare a parlare con la voce cavernosa dentro a un microfono... pareva proprio fico! Quindi chi si era perso nel tunnel della droga – e dài il tunnel! - doveva uscirne, perché uscire si poteva... guarda qua se si poteva! Per andare dove? continuava a domandarsi però il signor Itchek. Per approdare alla vita autentica dei valori, stava dicendo da un'ora il prete. E cioè questa qui, tutta questa vita di questa gente che ti circonda e ti abbraccia come un profondo mare, questa calda e morbida comunità come la mamma tua.
Ci furono i contributi dalla platea, molti e molta commozione, fino al pianto a dirotto. L'acqua salata delle lacrime saliva minacciosa. Nessuno osò mettere in discussione la bontà. A un certo punto il signor Itchek non ne poteva più – già allora non ne poteva più... - avrebbe voluto agguantare il microfono e dire: “Io, mi dispiace, non mi sono ancora fatto. E quindi, di sostanze psicotrope, non ho alcuna esperienza. Però non credo di sbagliarmi: voi siete davvero strafatti, e di sicuro più tossici di prima”. Non osò: era timido, e poi aveva paura di essere linciato dalla bontà. Si alzò dalla scomoda seggiolina di formica e uscì nel pieno degli osanna.
E così il signor Itchek ha attraversato tutti gli anni ottanta, e poi i novanta, e poi la prima decade del 2000... senza nemmeno ciucciarsi un misero spinellino, poveretto. Rimedierà nella vecchiaia, come vuole Platone. Ora è solo, e vive ignorato - lui e pochi altri come lui che purtroppo stenta a conoscere. La strada, già in quella fine di marzo dell'83, diventava stretta: da una parte i cattivi, i soliti cattivi – drogati di roba, di soldi, di violenza, di consumo – e dall'altra i buoni , i guariti, i disintossicati - pieni di valori e di calore umano un tanto al chilo. Anche loro molto tossici, e ugualmente pericolosissimi. Almeno per il coraggio del libero pensiero.

martedì 15 giugno 2010

Contributo del signor Itchek alla serata di Rinascita

Il signor Itchek era in libreria, quella sera, e però la presentazione l'ha seguita con la coda dell'occhio, come si dice a Empoli “di sguincio”. Fingeva di interessarsi a dei volumi sullo scaffale – sezione filosofia – e intanto ascoltava. Il tipo era lo scrittore sconosciuto di A far tempo da, quel Luca Nardini che questa volta aveva scritto un romanzo, Dolls. Non era solo, l'autore: lo accompagnava e presentava un certo Giancarlo Belloni, capelli lunghi barba e baffi, dall'accento livornese, che visto così poteva assomigliare a un civilissimo vichingo. Luca Nardini aveva gli occhiali e la faccia piuttosto anonima invece, come lo steriotipo di un impiegato delle poste. Bisogna stare attenti a questi uomini occhialuti e di scarsa appariscenza, il signor Itchek non se ne dimentica mai, c'è poco da stare allegri.
Per molti aspetti, sebbene la scrittura di Dolls non sia una cattiva scrittura – tutt'altro! - potrebbe essere definita una scrittura a tratti cattiva... di sicuro completamente diversa da quella di A far tempo da. Perché Dolls assomiglia a quei divani dove ti siedi e ci sprofondi dentro, e ti sembra di stare comodo se non addirittura comodissimo – per poi alzarti e scoprire che ti fa male la vita. Anzi, a dirla proprio tutta la domanda fondamentale del romanzo è questa: com'è possibile, carissimi lettori, che non vi faccia male la vita? Almeno così crede di aver capito il signor Itchek.
Giancarlo Belloni, da lettore ideale, si dimostrava bravissimo. Certo, i due dovevano aver concordato le domande, ma di sicuro non le risposte. E quando è intervenuto anche il pubblico, sinceramente, non si sapeva più chi era a domandare e chi a rispondere, ed è proprio così che succede se la conversazione si fa autentica e serrata. Qualcuno ha voluto anche esibirsi in due cattiverie al vetriolo: una riguardava la vendetta - “Quanta vendetta c'è in questo romanzo?” - e un'altra il riferimento alla realtà vera: “Il romanzo è autobiografico, no?”
Nardini ha aggiustato gli occhiali sul naso e poi ha risposto a entrambe, sia riferendosi esplicitamente al film di Lar von Trier, Dogville, analizzato nel libro - sia al concetto di verosimiglianza nella poetica di Aristotele, ma questa volta implicitamente. Per quanto riguarda la vendetta ha detto che a volte proprio il perdono cristiano è un atto di arroganza inaudita – è una battuta del film di Lars von Trier. Mentre a proposito della verità, invece, ha ricordato che quello che conta nei romanzi è la verosimiglianza: è proprio in vitrù di questo aspetto, e non della verità, che i personaggi di Dolls appariranno forse familiari, sia a chi legge il libro a Palermo – se ci sarà un lettore di Palermo – sia a chi lo legge a Bologna o a Padova. Insomma, si tratta di un romanzo che racconta ciò che è possibile, non ciò che è vero - la verità essendo di competenza della storia mentre la possibilità dell'arte. Indubbiamente Aristolele, sorride il signor Itchek.
Si è parlato persino della copertina, anche questa una fotografia di Piero Fiaschi, come quella di A far tempo da. La fotografia del gatto di Dolls, che s'intitola The prisoner, è bellissima. Luca Nardini ha voluto precisare che non si capisce se il micio sia impaurito o faccia paura. Una signora del pubblico invece, molto più incisiva, ha detto che il gatto non è impaurito e nemmeno fa paura: è semplicemente attento. “Eh eh” rideva fra sé il signor Itchek, attento e di sguincio, come suo solito e come il gatto di Dolls...

martedì 8 giugno 2010

Presentazione di Dolls a Roma

Sabato 26 giugno 2010,ore 17,30
Libreria Il Filo, via Basento 52/e - Roma

Come arrivare in libreria dalla Stazione Termini: autobus 86 e 92 dal piazzale di fronte alla Stazione Termini. Terza fermata di via Po-Simeto.

venerdì 4 giugno 2010

Una festa per la scrittura

Una bella serata. I temi sono stati molti e i contributi di chi ha partecipato importanti. Fa piacere rendersi conto una volta di più che attraverso i personaggi di un romanzo e “il vetro” della scrittura è possibile immergersi nelle cose e andare oltre.
Grazie soprattutto a Giancarlo Belloni – che come ha detto Luca Nardini è davvero un lettore ideale – e allo staff al femminile della Libreria Rinascita, così generoso nell'ospitalità.
Ieri è stata una festa per la scrittura. E siccome anch'io sono fatta di parole, era un po' anche la mia festa. Davvero un grazie di cuore a tutti.

mercoledì 2 giugno 2010

Il bersaglio che crea

“Che cosa si prefigge? a quale scopo? cosa pensa di ottenere? insomma, perché ha scritto Dolls?”
Mi domandano questo, le persone che mi contattano via e-mail, e che hanno letto il libro-lo stanno finendo-ne hanno lette soltanto alcune pagine-non lo leggeranno mai... Io non lo so perché Luca Nardini abbia deciso di scrivere Dolls. Però mi viene da rispondere che domande del genere sono alquanto riduzioniste, e senz'altro viziate da un ragionamento di fondo: le nostre azioni sarebbero sempre motivate da un obiettivo – dunque, datti da fare per conoscere l'obiettivo (vero o presunto) e avrai spiegato l'azione. Un po' troppo spiccio, secondo me. Mi limito soltanto a dire che non tutte le cose funzionano così. Anzi, di più: sposare il concetto di un uomo sempre e comunque calcolante e indirizzato a un bersaglio, è molto pericoloso. A volte certe azioni sono semplicemente necessarie, e non dipendono dall'aver calcolato con il bilancino quello che otterrai/non otterrai. Forse Dolls si è imposto, al suo autore, perché necessario – forse Dolls è cresciuto anno dopo anno e una volta finito non è stato più possibile soffocarlo in un cassetto... Ma queste sono soltanto congetture, perché le domande non devi rivolgerle né a me, Donatella, né a Giorgio Mannucci, e tantomeno al nostro autore, Luca Nardini. Se una risposta c'è e se un qualche senso ce l'ha è soltanto dentro il romanzo, in Dolls, in ognuna delle sue parole. Non sempre si scocca la freccia in direzione di un centro. A volte si scocca la freccia e quello che la freccia colpisce è diventato il bersaglio che crea.

martedì 1 giugno 2010

Riprografia selvaggia (fotocopie, sissignori, fotocopie!)

Non è necessaria molta inventiva per immaginarsi che in certi ambienti il romanzo Dolls si preferirà fotocopiarlo. Un modo alquanto meschino di boicottare l'autore, abbronzandosi alla luce della fotocopiatrice o facendo abbronzare il povero stagista di turno. Ricordo a questi tristissimi figuri che, così facendo, violano la legge. Le opere protette da diritto d'autore (cioè le opere di natura creativa) sono protette per tutta la vita di colui che le ha create fino al 31 dicembre del 70°anno dopo la sua morte. La legge consente la fotocopia di opere protette ma soltanto “per uso personale” e nel limite massimo del 15%. E' comunque esclusa ogni utilizzazione fatta in concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore. Dunque, se proprio non potere fare a meno di fotocopiare, fotocopiate il capitoletto che vi piace di più e usatelo per proprio conto, in grigia solitudine, senza farlo girare o addirittura spacciarlo al posto del libro. In ogni caso, diffidate dai sostitutivi cartacei di Dolls!

NON DIMENTICATE: venerdì 4 giugno 2010 Libreria Rinascita Empoli via Ridolfi 43 ore 18.15, prima presentazione di Dolls! Al mare ci andate sabato!

giovedì 27 maggio 2010

Piluccando su internet

Altri motivi per leggere Dolls, il romanzo ambientato in una cooperativa sociale e non soltanto. Così scrive Silvia Galluzzo, educatrice professionale, che ho scovato su internet: "Non si parla mai della situazione dei lavoratori soci e non delle cooperative. Ti senti ripetere, dopo aver pagato 2/3 mila euro che sei diventato un socio lavoratore, per poi SENTIRTI RICATTATO SE NON VOTI CIO' CHE PENSA IL CDA etc etc." E' molto interessante, quanto rileva Silvia, un aspetto tipico delle coopertive sociali, che il romanzo Dolls evidenzia come procedura... decisionale. Poi Silvia fa alcuni esempi concreti di come gli Statuti (o forse più propriamente i regolamenti interni?) sia delle cooperative di Lega Coop che di Confcooperative SANCISCONO REGOLE PARTICOLARI CHE RIDUCONO I DIRITTI STABILITI DAL CONTRATTO NAZIONALE. Anche questa è un'osservazione importantissima: quanti soci lavoratori ne sono al corrente? Ancora Silvia: "però non ho mai sentito fare una critica, una sola critica alla gestione delle cooperrative". Ti sei domandato perchè? Ti sei mai domandato a chi serve che la cooperazione sociale sia identificata come l'economia buona e pulita, in odore di santità? La chiusa poi è eccezionale: "Ringrazio la GRANDE FAMIGLIA della cooperativa... tutti uguali, tutti soci, tutti con gli stessi diritti/doveri solo con funzioni diverse... UNA BELLA BUFALA". Quante volte ti hanno detto, nella tua cooperativa, che tu fai parte di una grande, grande famiglia? Non dicono proprio così, anche dalle tue parti? Il contributo di Silvia Galluzzo è molto sintetico e denso. E poi è firmato.

giovedì 20 maggio 2010

PRESENTAZIONE "DOLLS"

Venerdì 4 giugno 2010 ore 18.15
Libreria "Rinascita"
via Ridolfi 53 - Empoli (FI)
INCONTRO CON L'AUTORE
introduce GIANCARLO BELLONI

martedì 18 maggio 2010

Non solo sciocchezzaio

In Dolls ci trovi molto sciocchezzaio, una sorta di estetizzazione della banalità. Certi dialoghi si intrecciano in un balletto volutamente insipido, dove la lingua si appiattisce fin quasi al grado zero. La storia che racconta Dolls, però, agisce su più livelli, senza mai abbandonarsi completamente all'ovvio. C'è sicuramente “altro”: per esempio il tentativo di custodire qualcosa di veramente sacro, e forse anche di farlo agire. Dolls non è la storia di un uomo che s'impantana - Dolls, lo ripeto, racconta una liberazione. Se non mi credete leggete il romanzo. Oppure non lo leggete. Ma allora non parlatene.

Le tre scimmiette

Internet e l'informazione. Se ne può discutere e se ne discute: quanta informazione corretta “gira” su Internet? E tuttavia non puoi incentrare ogni cosa sull'informazione. C'è un altro aspetto che merita di essere analizzato: che uso fai di quello che sai? E ancora – e qui il punto dolente: hai il coraggio di quello che sai? O invece: come sei riuscito, nel corso del tempo, a diventare così bravo e fare finta di niente?
Su Internet si possono rintracciare decine, anzi centinaia di testimonianze di persone che hanno subito delle angherie nelle cooperative sociali – e alla fine si può anche rendersi conto che la maggior parte di queste ingiustizie non avvengono perché nel cesto si trova la famosa mela marcia, e dunque la “Cooperativa Sociale Mela Onlus” era fra tutte le mele sane una mela marcia. Puoi spingerti addirittura oltre, e dimostrare che è il sistema stesso delle cooperative che si sta evolvendo con una logica spietata verso il marciume, tanto che le cooperative sociali diventano naturalmente delle mele marce – così se provi a tenere la tua mela “in salute” devi difenderla da tutto il cesto. E questo è già gravissimo, va da sé. Tuttavia non devi darti alibi: se quella dove lavori è la Cooperativa Sociale Mela Marcia Onlus, te ne accorgi quasi subito. Dunque il problema non è ciò che sai o ciò che non sai. Il problema è se hai il coraggio di quello che sai. La democrazia infatti non si basa soltanto su ciò che si sa. La democrazia è soprattutto una pratica: alzare la mano e agire, dire cioè quello che si sa, averne il coraggio. E' così che puoi testare la tua cooperativa. Alle assemblee, per esempio, quando non capisci quella voce del bilancio, proprio quella lì, chiedi spiegazione. E se la spiegazione che ti daranno è una non-spiegazione, prova a insistere. Se poi un dirigente ti sembra avere un comportamento poco chiaro, poco trasparente, chiedigli un colloquio e fatti spiegare come mai, per esempio, lui rifornisce la sua auto con la benzina della cooperativa e ci va al mare con la famiglia. Fallo, soprattutto se è il responsabile del tuo settore, perché poi la benzina mancherà... e non saranno stati i ladri! Oppure domanda al presidente perché usa l'auto della cooperativa per andare su e giù da casa sua alla sede, mentre tu, eterno pendolare, spendi duecento euro del tuo stipendio mensile – e mi limito a peccati veniali... Prova. Prova a “comunicare chiaramente” fra i dipendenti, fra i soci, in maniera orizzontale, verticale... o insomma, un po' come ti sembra meglio o come prescrivono “i processi della qualità ISO”. Prova a essere sincero, a dimostrarti “persona”. Non è così che dicono? Non è a questo che ti invitano? Secondo te, praticando questa democrazia in maniera ostinata, quanto resisterai in una cooperativa sociale? E in un'azienda? E in una cooperativa che è diventata soltanto un'azienda? Non sarà per questo che gradualmente facciamo a meno del coraggio di quello che sappiamo, non sarà che ci conviene fare come le tre scimmiette: non vedo, non sento e soprattutto non parlo?
E comunque: anche se all'interno della tua cooperativa sociale sarai diventato una scimmietta, niente ti impedirà di batterti per la democrazia contro gli Stati Uniti o a favore di Bush contro Saddam; niente ti impedirà di appendere manifesti alle pareti del tuo ufficio con i bambini dal pancione tondo e andare in vacanza nell'Egitto dei misteri a rompere i coglioni ai cammelli; niente ti impedirà di essere un “grillino” e fare cri-cri-nei corridoi, quando non ti vede nessuno; oppure prendi il microfono alla prossima festa sociale e dillo: “forza ragazzi! Con un po' di sacrificio ce la faremo!”. Chi lo sa che non ti paghino proprio per questo...

sabato 15 maggio 2010

Uova d'oro?

Leggete questa storia dello sviluppo delle cooperative sociali così come ce la racconta Simone Raffaelli: “Tante cooperative nascono dalla volontà di attuare dal basso quei cambiamenti che le istituzioni non vogliono praticare, rivolgendosi alle forme di marginalità prodotte dalla chiusura dei manicomi o dalla tossicodipendenza. Ma il clima sociale cambia” - siamo tra gli anni ottanta e novanta -”e le cooperative non possono rimanere sul mercato e fornire servizi senza essere coinvolte nel sistema che gradualmente trasformano il DNA del Terzo Settore. Le cooperative, da strumenti di analisi e di contestazione della società si trasformano nel loro contrario, diventano imprese come tutte le altre. Anzi, peggiori delle altre, perché ammantano la loro natura con la demagogia sociale”. Questa non è propriamente la solita storia che si legge sulla brochure di una cooperativa, vero? Però assomiglia incredibilmente alla quarta di copertina del romanzo “Dolls”, dove si dice: “Giorgio [il protagonista] giorno dopo giorno si rende conto di come questa azienda no profit sia soltanto un'azienda come un'altra, lontana dall'impegno disinteressato e soprattutto dal rispetto per le persone, e per questo forse peggiore delle altre”. Anche qui, infatti, il tema di fondo è lo stesso: l'ipocrisia. Raffaelli scrive che queste aziende “ammantano la loro natura con la demagogia sociale”, nella presentazione di “Dolls” lo stesso concetto è espresso con queste parole: “Eppure su tutto questo sventola, senza vergogna, la bandiera della gratuità sociale”. La sostanza, signori miei, è proprio la medesima.
“La sostanza? Ma di quale sostanza parli? Ma tu sei matto...” direbbero gran parte dei personaggi della cooperativa sociale “Il Portico” - la cooperativa che ha per codice fiscale la fantasia,inventata da Luca Nardini. Eppure “Dolls” vi aiuterà lo stesso a capire: quella dove voi lavorate è davvero una cooperativa so-cia-le? O invece di tratta di una delle tante – troppe – che sono diventate galline delle uova d'oro?
“Gallina dalle uova d'oro per chi?” domanderebbero gli splendidi dirigenti de “Il portico”. Perché “niente può impedire che il dirigente di una cooperativa si trasformi in un menager come tanti altri”, scrive ancora Simone Raffaelli, e anche se “qualcuno potrà obiettare che in una cooperativa il voto dei soci è obbligatorio... innanzitutto è doveroso ricordare che una cosa è il controllo quotidiano sull'operato dei dirigenti, altro è il voto una volta all'anno su un bilancio”. E cioè, per dirla proprio tutta, “su voci di bilancio di cui non si conosce neppure l'esistenza, di fronte a dirigenti da cui dipende il tuo posto di lavoro, in un contesto in cui la legge 30 ha reso l'articolo 18 non applicabile ai soci lavoratori”. Mi viene un dubbio: non è che Simone Raffaelli, zitto zitto, abbia immaginato anche lui un'assemblea de "Il portico"? Il suo articolo si intitola “Welfare invisibile, sfruttamento visibile”, ed è pubblicato su Internet da appena dieci giorni.

giovedì 13 maggio 2010

A proposito di paranoici

"Il modello democratico della partecipazione cooperativa è da molti anni in crisi: le assemblee dei soci vengono convocate solo per la ratifica delle decisioni prese dai consigli di amministrazione, per le formalità previste dal codice civile e per le approvazioni annuali dei bilanci". Sono le sconfortanti considerazioni di Luigi Marinelli, del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (Cestes-Proteo). A quanto sembra per incontrare altri "paranoici" è sufficiente digitare su Google "Cooperativa sociale sfruttamento". Ma continuiamo con l'analisi di Luigi Marinelli: "Le assemblee sociali sono esautorate di ogni potere effettivo, la gestione è in mano ad una casta di presidenti 'politicamente inseriti' e a tecnici specializzati negli appalti" - ecco, proprio questo è uno degli aspetti raccontati nel romanzo "Dolls" di Luca Nardini. L'invenzione romanzesca delinea una tipologia di figuri che hanno fatto il nido nella dirigenza di tantissime cooperative sociali di tutta Italia. Infatti, secondo quanto afferma anche Marinelli che queste cose le studia, stai certo che i personaggi che vedi agire nel romanzo rappresentano dei caratteri, e cioè delle 'maschere', che incontri nella stragrande maggioranza delle cooperative. Anzi, Dolls dice di più: se non appartieni a questa tipologia di persona la tua vita lavorativa diventa difficile. Chi sono questi tristissimi figuri? che storia hanno? da dove vengono? e perché proprio loro sono i direttori, i presidenti ecc. ecc. Dolls si interessa anche di questo. Se sei un cooperatore sociale puoi leggere Dolls dal Veneto alla Sicilia: i personaggi ti ricorderanno sempre qualcuno del tuo territorio, che conosci o che hai conosciuto. E' questa la funzione della letteratura: guardi il guscio vuoto delle parole e vedi il gheriglio della realtà, a Roma, come a Torino, come a Firenze o Brescia. Ma continuiamo con le parole di Marinelli: "L'emergere della parte oscura del lavoro nelle cooperative sociali, il livello di precarietà e di sfruttamento, la diminuzione dei salari e l'aumento della flessibilità sono spacciati [n.b. il verbo] come marginali degenerazioni di un sistema che per definizione è comunque solidale, le responsabilità vengono spostate sulla committenza pubblica che viene accusata di avere un rapporto "arretrato" con il settore ecc. ecc.". Insomma, in sintesi: "nella cooperazione si vorrebbe trovare un orizzonte di sviluppo 'altro' rispetto al normale sistema imprenditoriale. Un vero mito autogestionario che non trova nessun riscontro nella realtà". Sì, anche Luigi Marinelli, a quanto sembra, è paranoico come Giorgio Mannucci, il protagonista di Dolls. L'articolo si intitola "Cooperative sociali e precarietà: una risposta nel reddito sociale. Miti e degenerazioni del lavoro in cooperativa", ovviamente su Internet.

mercoledì 12 maggio 2010

Roba di qualità

Un cooperatore sociale mi ha scritto dicendo che lui, "Dolls", non lo leggerà mai, perché così, a naso, gli sembra il libro di un paranoico - forse per il gatto un po' luciferino in copertina? E poi, come scrive, lui legge solo "roba di qualità". Liberissimo. Tuttavia lo invito a riflettere sul fatto che un'espressione come "roba di qualità", applicata ai libri, è davvero... stupefacente!

martedì 11 maggio 2010

Un brano di Dolls. Chi sono i giocattoli senza finalità di lucro?

E'un sistema collaudato. Le cooperative sociali in fondo a che cosa servono? Non crederai, spero, alle frottole della creazione d'imporesa? Noi siamo gli ebrei e i negretti degli impiegati pubblici, siamo stati inventati per questo! Nelle cooperative di tipo B, poi, è ancora meglio: due piccioni con una fava! Se un giardiniere del Comune costa 100, quello di una cooperativa costa 50. E visto che un nostro socio guadagna 50 invece di 100... allora, come lavoro aggiunto, gli affianchi anche un bel tossico pieno di metadone... così lui bada il tossico, il tossico diciamo che lavora e non rompe le palle, e l'operaio del Comune alla fine ha anche il suo negretto. Bel sistema eh?

giovedì 6 maggio 2010

martedì 27 aprile 2010

Quel che è certo è che non è l’economia che sta diventando “buona”, ma è la “bontà” che sta diventando economica. Per ciò stesso, forse, non si può nemmeno più parlare di “bontà”. E che i “buoni” economici stiano davvero prendendo la rivincita sui soliti “cattivi” è ancora tutto da dimostrare.

PAOLA TUBARO, Critica della ragion Nonprofit

giovedì 15 aprile 2010

“Che cosa accade in una cooperativa sociale?”


Donatella Talini ti consiglia

DOLLS
- Giocattoli senza finalità di lucro -
di
Luca Nardini


edizioni Albatros–Il filo Roma


Il primo romanzo ambientato in una cooperativa sociale!
Prenotalo in libreria!