Donatella Talini

Donatella Talini

giovedì 24 giugno 2010

Ancora il signor Itchek, questa volta su "La droga"

Era la fine di marzo del 1983, il signor Itchek se lo ricorda bene. Il centro convegni della sua città ospitava un'iniziativa che a prima vista poteva dirsi interessante. O almeno lo era per Guglielmo Mannucci, che che aveva poco più di vent'anni ed era appena diventato il signor Itchek. L'iniziativa si intitolava Dal tunnel della droga puoi uscire e quello lì al microfono era il prete e quelli sulla destra e sulla sinistra gli apostoli, ex-tossicodipendenti freschi freschi. In platea la moltitudine plaudente dei genitori e molti altri “protagonisti” del percorso di recupero.
Fu un lampo. Il signor Itchek capì immediatamente che ammesso che uscire dal tunnel della droga fosse così problematico – e questa metafora del tunnel veniva offerta a piene mani – ammesso che uscirne fosse davvero possibile, la questione era anche un'altra: uscirne per andare dove? Il prete sembrava molto sicuro di quello che diceva, e metteva in campo i valori come il generoso dispensiere di uno spaccio alimentare: “vita”, “famiglia”, “persona”, “amore”, “dio”, “senso”, “umanità”, “insieme”,“autenticità” - “Quanto gliene faccio di 'famiglia'? Le bastano due etti?”. Il pubblico partigiano batteva le mani nell'invasamento e innalzava inni di gratitudine. Il signor Itchek invece aveva paura. In qualche modo, quella sera si beccò anche dello stupido, perché uno psicologo lì presente – di quale scuola? - disse che in fin dei conti, “provare una droga”, era un segno di curiosità... e chi non ne era tentato nemmeno un pochino voleva dire che forse si rivelava un po' ottuso, anzi, quasi sicuramente scemo. Insomma, diciamoci la verità: drogarsi, diventare tossicodipendente e poi smettere e andare a parlare con la voce cavernosa dentro a un microfono... pareva proprio fico! Quindi chi si era perso nel tunnel della droga – e dài il tunnel! - doveva uscirne, perché uscire si poteva... guarda qua se si poteva! Per andare dove? continuava a domandarsi però il signor Itchek. Per approdare alla vita autentica dei valori, stava dicendo da un'ora il prete. E cioè questa qui, tutta questa vita di questa gente che ti circonda e ti abbraccia come un profondo mare, questa calda e morbida comunità come la mamma tua.
Ci furono i contributi dalla platea, molti e molta commozione, fino al pianto a dirotto. L'acqua salata delle lacrime saliva minacciosa. Nessuno osò mettere in discussione la bontà. A un certo punto il signor Itchek non ne poteva più – già allora non ne poteva più... - avrebbe voluto agguantare il microfono e dire: “Io, mi dispiace, non mi sono ancora fatto. E quindi, di sostanze psicotrope, non ho alcuna esperienza. Però non credo di sbagliarmi: voi siete davvero strafatti, e di sicuro più tossici di prima”. Non osò: era timido, e poi aveva paura di essere linciato dalla bontà. Si alzò dalla scomoda seggiolina di formica e uscì nel pieno degli osanna.
E così il signor Itchek ha attraversato tutti gli anni ottanta, e poi i novanta, e poi la prima decade del 2000... senza nemmeno ciucciarsi un misero spinellino, poveretto. Rimedierà nella vecchiaia, come vuole Platone. Ora è solo, e vive ignorato - lui e pochi altri come lui che purtroppo stenta a conoscere. La strada, già in quella fine di marzo dell'83, diventava stretta: da una parte i cattivi, i soliti cattivi – drogati di roba, di soldi, di violenza, di consumo – e dall'altra i buoni , i guariti, i disintossicati - pieni di valori e di calore umano un tanto al chilo. Anche loro molto tossici, e ugualmente pericolosissimi. Almeno per il coraggio del libero pensiero.

1 commento:

  1. Pubblico volentieri un altro contributo del signor Itchek, che mi sembra in linea con lo spirito di Dolls.

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