Donatella Talini

Donatella Talini

giovedì 18 agosto 2011

Icaro

Non fu la forza del sole. Le sue ali si sciolsero perché ogni goccia di luce era già diventata un Icaro.

domenica 14 agosto 2011

martedì 2 agosto 2011

La sagoma

Com'è che il signor Itchek, quando qualcuno gli scatta una fotografia, lui in quella foto sembra sempre fuori contesto? Di più: un fotomontaggio. La sua figura la diresti una sagoma appiccicata lì, e siamo certi che anche gli altri, che lo vedano di persona o ne guardino la foto, lo percepiscono come “un intruso”.
L'immagine della sagoma è forse la più calzante, perché lo straniero te lo puoi rappresentare anche perfettamente a suo agio, nel proprio paese, ma il signor Itchek? qual è il paese di provenienza del signor Itchek? Una sagoma rimane pur sempre una sagoma anche in mezzo al cartone.
Ora: lui da un fotografo non c'è mai stato, nemmeno per la fototessera da applicare alla patente o alla licenza di pesca. Preferisce di gran lunga l'anonimato di una cabina, che ahimè, queste cabine sono sempre più rare... Ma non c'è verso. Nonostante tiri la tenda neutra che fa da sfondo, anche su quella monocromia la faccia del signor Itchek appare un terribile fotomontaggio.
Non è che da bambino le cose andassero poi meglio, ricorda. E infatti nell'album di famiglia sono conservate delle sue fotografie addirittura agghiaccianti. In particolare due, dove si coglie l'epifania di un destino non soltanto a-tipico, ma più propriamente a-topico, e cioè “senza luogo” e perciò assolutamente singolare. Si tratta della fotografia dell'indiano e di quella del principe azzurro.
La prima volta che lo misero in maschera avrà avuto si e no quattro anni, e scelsero un costume, appunto, da indianino: un bel copricapo di piume da cui esplodevano le orecchie a sventola. Fu paradossale, perché si vede benissimo che quel tipo lì una tribù non l'avrebbe avuta mai. Il bagliore del flash lo ha impallinato in uno sguardo completamente assente, talmente sperso da spezzare il cuore. Il principe azzurro, invece, in apparenza ha un portamento più fiero. Quel bambino di una decina d'anni tiene la mano sull'elsa della spada. Si capisce tuttavia che è un modo un po' strano di festeggiare il carnevale... o meglio, lo sguardo del principe e il carnevale che c'è intorno a lui non hanno niente in comune. C'è invece del terrore, in quello sguardo. Gli altri ridono, soffiano nelle trombette, tirano coriandoli e stelle filanti – e lui mette mano alla spada, per difesa.
Il signor Itchek guarda la fotografia dell'indiano e poi quella del principe. Le sagome di cartone urlano: “Che ci facciamooo qui! Che ci facciamo quiiiiii!”. E purtroppo c'è poco da scherzare, perché all'orizzonte non si vede nessun luogo dove rifugiarsi. Rifugiarsi... o forse basterebbe dire essere a casa. Ma come fai a avere una casa se vieni... chissà? forse dalla luna? Pensa questo il signor Itchek, e chiude l'album.
No, c'è senz'altro un vizio originario. E' un po' come se il tuo fosse un errore di costrutto sintattico, una parola risulta sempre incongrua rispetto al mondo della frase, la sposti in avanti la sposti indietro e non ci sta. E allora? E allora la cosa sorprendente è che si può vivere anche così: l'indiano e il principe ancora non lo sapevano, ma il signor Itchek può dirselo senz'altro. E' incredibile, lui è arrivato a quasi cinquant'anni. Cinquant'anni che si difende dal carnevale...