Donatella Talini

Donatella Talini

venerdì 27 agosto 2010

Una poesia di Luca Nardini

MANUEL


Se incontrate Manuel lo riconoscerete dal suo incisivo
rotto, dal passo morbido eppure trascinato
d’insopportabile leggerezza, la sciarpa raggomitolata
sotto l’incredibile copricapo sufi.
Vi prego, se incontrate Manuel fate conto che sia mio figlio
una sigaretta ve la chiederà senz’altro
poi vi ringrazierà, dategli per me quel sorso di fumo.
Ha occhi bruni d’alabastro e ieri mi disse che i colori
nelle giornate d’inverno sono belli e cercava una parola
dal suo vocabolario insufficiente
e io che pensavo “tersi” “puliti” “nitidi” “squillanti”
ho avuto troppo poco tempo per insegnargli
anche semplicemente una parola in più. E poi mi ha domandato
se a mio padre avessi voluto bene e io ho risposto sì
“Ma allora perché non hai nemmeno un figlio?”
io che sapevo tutte le parole
soltanto Manuel mi ha insegnato che quando fai un figlio
lo fai per un amore e un egoismo
spropositato,
senza vergogna,
così,
perché qualcuno un giorno forse ti voglia bene.
Lo riconoscerete dalla sua faccia gonfia di pugni
dal modo che ha di chiudere gli occhi quando c’è troppo sole
per questo vi chiederà l’euro che gli serve
per mettere insieme una birra amara. E allora fate conto
che sia il mio figlio più gentile, perché Manuel vi ringrazierà.

sabato 7 agosto 2010

La frase sulla lavagna

Un amico mi ha scritto che gli dispiace che l'aspetto rimarcato negli interventi su Dolls sia quello della denuncia. Anche se “le cose che vengono riportate sono utilissime per aprire gli occhi”, secondo lui questa chiave interpretativa è limitante. Un certo tipo di scrittura ti fa aguzzare lo sguardo su quel che ti circonda, non c'è dubbio, e tuttavia non è sufficiente, almeno se si tratta di letteratura.
Sono d'accordo. Anzi, penso che sarebbe d'accordo anche Giorgio Mannucci, il protagonista di Dolls. Nel capitolo 10 della seconda parte del libro si assiste a una delle sue strane “lezioni”, e il punto di vista è quello di una sua giovanissima allieva, Monica. C'è una frase che viene scritta sulla lavagna, che è la riflessione di un altro allievo, un certo Emanuele, uno “che non apre mai bocca”: “la morale è che non sempre quello che si vede è realtà. Ma si può sempre sognare quello che si vede”. Questo, secondo me, potrebbe essere un'altra chiave di lettura di Dolls. Vi invito a riflettere: Emanuele non dice 'vedere', e non dice nemmeno 'sognare per non vedere'. Emanuele dice 'sognare quello che si vede'. Cosa intenderà? proprio lui che non apre mai bocca?