Il sogno ha inizio come se
camminassi in quello che vedo intorno a me. Il paese lo riconosco, è
il mio paese, sono di ritorno a Bugnano. Ho uno zaino sulle spalle, i
capelli lunghi. Intravedo alcune persone e questo mi colpisce
profondamente, perché anche nel sogno so che il paese dovrebbe
essere in rovina, abbandonato. Chi sono quelle persone? Le case
sembrano dipinte, tirate su come fondali di scena. Non tutte però,
alcune sono reali e coloratissime, prevale l’arancione, il giallo
ocra. Ma anche il rosso.
Un uomo mi viene incontro.
Capisco che devo presentarmi, lui mi sorride.
“Ho vissuto qui per molto
tempo”, gli dico, “Là c’era la mia casa”. Mi tolgo lo zaino
dalle spalle e tiro fuori un documento: c’è il mio nome, il mio
cognome, l’indirizzo della mia residenza attuale. Comincio a
piangere di un pianto senza freni e senza vergogna.
“Anch’io sono di questa
città”, mi dice l’uomo mentre indica il mio documento, “Anch’io
ho abitato in questa via. Anch’io ho lo stesso nome e cognome tuo”.
“Qui tutto è così
bello…” gli rispondo.
“Non tutto”, interviene
un’altra persona che ora vedo lì accanto. “Per esempio si è
ammalato un albero”. Faccio di sì con la testa. Ora lo so,
quell’albero sono io.