Donatella Talini

Donatella Talini

lunedì 26 dicembre 2011

Senza titolo


Siamo qui
sperperiamo tesori
che non finiranno mai
i tesori
almeno loro
non finiranno mai.

Siamo qui
a inverare pezzi di vetro
e strisce di stoffa colorate
se ci pensi
roba da niente
roba che senza di noi
non sa nemmeno di esistere.

Queste cose che non dimostrano
Dio ma che lo sono
sono le cose divine
del tempo che passa
e del futuro
indifferentemente.

giovedì 3 novembre 2011

La via della natura


Il signor Itchek legge con molto scetticismo Zhuang-zi, che si scrive anche Chuang-tzu e chissà come si pronuncia... Il taoismo è forse la religione/filosofia che dista di più dalla sua provincia mentale. Per convincersene si ripete quanto segue, tratto dal repertorio del saggio: “l'eccesso di intelligenza mette disordine nella radiosità della luna e del sole, sgretola le montagne, asciuga i fiumi e turba il succedersi delle quattro stagioni. Questi mali disturbano nelle loro abitudini perfino i vermi timorosi e gli insetti minuscoli” - e come fai qui a non ridere di fronte ai vermi timorosi? Ma il signor Itchek continua a leggere: “Quale disordine l'amore per l'ingegnosità non ha portato nell'universo?”. Eh no, il signor Itchek proprio non si trattiene. E sbotta. Ma come puoi dimenticarti dell'Ulisse di Pindemonte?

Musa, quell'uomo di multiforme ingegno
dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra
gittate d'Ilïon le sacri torri
che città vide molte, e delle genti
l'indol conobbe ecc. ecc.
Che in effetti però, queste cose qui a Zhuang-zi un po' di ragione gliela danno... che Ulisse di casino ne ha fatto parecchio, eccome! e una volta rasa al suolo Troia, sul mare del ritorno i suoi compagni morirono tutti, e quel rinomato ingegno, per quanto multiforme, senz'altro non ce la fece a salvarli - aveva funzionato col Ciclope, Circe, i mangiatori di Loto e il cavallo... - ma quando si mettono in mezzo gli dei... hai voglie te e il multiforme ingegno!

Se uno poi legge l'ultimo libro del filosofo Emanuele Severino, dedicato alla moglie Esterina – che per l'anagrafe è morta, ma stando a “Ciò che sta più in alto”, cioè la verità, non è vero che è morta... anche se questo è un altro discorso – insomma Emanuele Severino nell'ultimo libro insiste: “E' perché l' 'uomo' si è dato da fare che la sua è la storia della violenza”. Dunque era meglio se l'uomo non faceva nulla? Non è che abbia potuto scegliere, l'uomo, no davvero - e difatti il filosofo si affretta a precisare “non era possibile che accadesse altrimenti”, e vai come uno schiacciasassi logico: “inoltre non è che mentre il fare sia la malattia, invece il non fare, l'abulia e l'inerzia siano la salute”. Che invece Zhuang-zi dice proprio questo: guai a chi trascura il non-agire! Che la grande abilità sta proprio lì - e allora, metaforicamente (o forse no?) sarebbe meglio “segare le dita all'artigiano”. Ma è anche vero che Zhuang-zi, almeno rispetto alle parole di Severino – che continua imperterrito a masticare con la dentiera del principio di non contraddizione – Zhuang-zi, ne deduce il signor Itchek, lui non è che ci faccia poi una bella figura. E infatti: “L'inerte o è un uomo d'azione fallito, oppure è convinto che il suo modo di vivere sia il miglior modo di fare”. Che se uno traducesse Severino con l'appellativo che la maestra delle scuole elementari del signor Itchek una volta rivolse al compagno Giuseppe Mazzoni, arriverebbe a dire: Zhuang-zi, lo so quanto sei convinto... ma proprio perché “tu sei duro di menta!”.


Esce da casa. Nella sua città è iniziata la raccolta in bidoni differenziati, porta a porta. Uno marrone per l'umido – che lui ha ribattezzato il bussolo dei cadaveri... - uno bianco per la carta e i cartoni – che in realtà sembra un mastello pieno di buchi. E poi il sacchettone azzurro per le plastiche, il più voluminoso. Oggi però è il giorno dei pannoloni da incontinenti - vecchi allettati, handicappati, paralitici... insomma, quelli che ahimè sopportano il peso e l'amarezza dell'esistenza. Con assoluta mancanza di pudore l'Amministrazione Comunale ha imposto di esporre davanti all'ingresso di casa il bussolo color arancio fosforescente, che ti dice: qui c'è un uomo o una donna che si pisciano addosso - lo vedi bene? abita proprio qui! E al signor Itchek questa mancanza di riguardo lo fa star male. Ovviamente lui non ce l'ha con i pannoloni, lui ce l'ha con chi ha deciso questo tipo di raccolta dei rifiuti, che ti fa diventare un povero imbecille civico, un pecorone ecologico che si crede all'avanguardia, e per quanto non ancora un pisciaddosso... di sicuro un pisciasotto. Ma questo è un tema che non ha voglia di ripercorrere. Il signor Itchek guarda invece la strada dove abita, che è una dirittura piuttosto lunga e stretta. Di qua e di là, sui marciapiedi, vedi d'infilata un bussolo arancione qui, uno oltre, uno ancora più in giù. Per ognuno di quei bidoni qualcuno si piscia addosso. Eccolo qui il Dao.
Insomma, agire? O non agire? Che te ne fai del multiforme ingegno? Sei fuori dalle inespugnabili mura di Troia, e così il problema è quello di entrare nella città. Sei dentro la caverna del Ciclope e quel macigno blocca l'ingresso – la “ponderosa pietra/ che ventiduo da quattro ruote e forti/ carri di loco non avrìano smossa – e allora, maledetto quel pietrone, il problema è che sei prigioniero nella grotta e devi uscire. Ecco l'ingegno: attraverso quello che familiarmente puoi definre "gnégnero" sei sempre dall'altra parte di dove stai, proiettato in avanti. Per esempio trovi un tronco d'ulivo, così storto, e con le dita del falegname – che fortunatamente non le segasti – lo fai bello diritto e appuntito - Come/polita fu, da un lato io l'affilai, / l'abbrustolai nel foco. “e nell'occhione gliela infilai...” gli viene da concludere al signor Itchek. E' per questo che lui ama Ulisse, perché in qualche modo trova sempre il verso di sfangarsela. Molto meno gli piace Severino invece, che è assorto in verità talmente elevate e necessarie e incontrovertibili... che il fango, come quella cosa che prima non era e ora è e poi non sarà vieppiù mai, per lui è un assurdo. E dunque, fosse per Severino, continueremmo a sguazzarci dentro per l'eternità, nella merda, tanto è un impossibile logico... Il signor Itchek non ama affatto Chuang-tzu o Zhuang-zi che dir si voglia invece. Perché il signor Itchek lo sa che la via della natura è mostruosa. Anche se la chiami Dao. Altro che il non agire: a lui il compasso, la squadra, la cordicella – tutti quegli strumenti umani del falegname, del vasaio, del carpentiere – tutta quella robetta lì insomma, con cui l'uomo-artigiano cerca di addomesticare la violenza della natura, e che al filosofo taoista lo fanno un po' ridere perché ahimè inutili e meschini, a lui gli piacciono invece un casino. Viva Ulisse, dunque! e abbasso Polifemo, che in quanto bruto naturale fa proprio schifo, lui sì che mangia la carne umana! E ora che gli si è alzata anche la pressione – quella sanguigna e quella del pensiero - il signor Itchek rientra in casa.

giovedì 20 ottobre 2011

Itchek vs Saviano


Il signor Itchek Gomorra non lo ha letto. Lo ha iniziato - un centinaio di pagine - poi si è interrotto, perché gli è sembrata una scrittura sciatta, anche nel voler impressionare costi quello che costi.  Dunque, a ragion veduta, il signor Itchek non dovrebbe poter  parlare di Gomorra. Ma di Saviano sì. Saviano è senz'altro un'icona nazionale di noi italiani, o almeno di una parte cospicua di quegli italiani che si credono i migliori. E qui bisogna fare attenzione e prendere un bel respiro profondo: perché sebbene il signor Itchek sia convinto che gli italiani non siano tutti uguali, da questo convincimento non ne consegue che tifare Saviano sia il modo giusto per ritrovarsi migliori.

Bisognerebbe che il diritto di critica fosse garantito, ma se provi a criticare Saviano commetti sacrilegio. Almeno in certi ambienti, almeno di fronte a tante e tante persone. Perché Saviano è un eroe: prima non si poteva parlare male di Garibaldi, ora – alla faccia del Risorgimento - di Saviano. Saviano santo subito!Saviano e la scorta di Saviano; Saviano e la pelata di Saviano; Saviano e il neo di Saviano; Saviano e il modo di toccarsi il naso di Saviano;  Saviano e la giacca e i jeans di Saviano; Saviano che inneggia alla parola e al potere dirompente della scrittura e lo fa invece con la bocca, dandogli fiato mentre monologa in televisione; Saviano e noi che siamo qui ad ascoltare Saviano e il suo esibito narcisismo etico.

Al signor Itchek piacciono invece gli scrittori invisibili, che è un altro modo di dire che quello che il signor Itchek ama, degli scrittori, è la loro scrittura - che li rende appunto superflui. Di Saviano si sa perfino che ha messo la mozzarella tra i primi dieci motivi per cui merita stare al mondo... scherza, vero? Dice delle cose sciocchine per noi sciocchini di sinistra, lo sappiamo, che nonostante questo specchiato rigore morale che ci mette sull'attenti di fronte alla bandiera - “l'Italia s'è desta dell'elmo di Scipio si è  cinta la testa” - a noi di sinistra ci piace parecchio anche ridere, siamo dei simpaticoni... Una volta il signor Itchek ha domandato a un ragazzino di terza media che gli stavano insegnando l'inno di Mameli a scuola: “Chi è Scipio?” e quello ha risposto: “Secondo me è una pianta... che poi l'Italia se la mette intorno sull'elmo”.  E il signor Itchek: “Tipo l'alloro?”  “Sì, dev'essere proprio l'alloro!” ha concluso il ragazzo. Non bisogna riflettere su questo aneddoto con il cipiglio del maestrino frustachiappe - che uno che dice una cosa così, dell'alloro intorno all'elmo, gli sembra anche parecchio intelligente al signor Itchek. Ma se la cosa te la racconti fino in fondo, diciamoci la verità: quando si fanno certi arrosti come nel caso della nostre improvvisate vampe  civilrisorgimentali, ha ragione il ragazzino di terza media, con l'arrosto l'alloro.

Il signor Itchek ha consumato la  sua veloce adolescenza negli anni settanta, quando i capelli erano lunghi – maschi e femmine - e li lavavi, sì e no, una volta alla settimana. I peli crescevano sotto le ascelle e se andavi al mare ti mettevi un costume da bagno slip, niente bermuda, e qualche baffo ti spuntava sempre dagli elastici. Sarà per questo che Saviano, al signor Itchek, con quella lugubre pelata-teschio e le sopracciglia lanciformi e nere nere... a lui Saviano gli sembra un po' fascista - “Ha bestemmiato! ha bestemmiato!”. Ma forse non è vero che l'eroe indossi i bermuda, forse i jeans li mette a pelle, come un vero cowboy... Sì, un cowboy nostrano che cavalca la bufala - intende la mozzarella il signor Itchek - un eroe in odore di santità proprio per noi italiani irretiti in quel cattolicesimo che di santi ha consuetudine storica. E questo fatto che uno scrittore abbia la scorta e che viva come un monaco e che sia costantemente sotto minaccia di morte e che non si possa nemmeno concedere due palline di gelato dal suo gelataio di fiducia, anche questo diciamocelo, ci mette addosso qualche bel brivido. Respirando la sua aria ci sentiamo un po' più buoni, dalla parte giusta appunto, e ci viene da drizzare la spina dorsale e garrire al vento con la bandiera. Almeno per un paio di secondi, perché poi ritorniamo quelli di sempre. Il signor Itchek è convinto che l'esibizione del santo non ha  nulla a che vedere con le virtù civiche e la moralità di una nazione, né santi né eroi. E' inutile che il sangue continui a sciogliersi se poi si raggruma: tutt'al più, di un miracolo così, puoi dire solo che funziona, e che al prossimo appuntamento sarai di nuovo a chiedere la grazia, ingobbito per  le tue ginuflessioni quotidiane, i compromessi, gli opportunismi, le complicità - “San Gennaro! San Gennaro!”.  No, i santi non ti soccorrono nella vita di tutti i giorni. Vanno bene per la peste e i terremoti, loro, non per le tue carognerie del giorno dopo giorno. Dunque, a quando la prossima apparizione televisiva? Siamo tutti in attesa di una grandiosa assoluzione.

Ci sarebbe stato un modo molto più semplice per scrivere un libro  coraggioso sulla camorra, il signor Itchek ne è convinto:  pubblicarlo anonimo, senza ingombrare della tua vita la vita del libro. Ma così non poteva essere, perché il santino funziona in quanto rimanda a un santo referente, nella realtà. O almeno è questo quello che dobbiamo credere. Alle parole corrispondono i fatti: lo vedi che dice? sono tutte cose vere sai? lui c'era, e come dubitarne? Quindi Gomorra non è I Promessi Sposi, e nemmeno Le Operette Morali di Leopardi – nemmeno il don Chisciotte o il Robinson Crosue...  perché dentro Gomorra, carissimi, ci sta appunto Saviano, quello che adesso è l'eroe vero scortato dalla polizia vera. E siccome è così, e Saviano ci tiene tanto a farcelo sapere, il signor Itchek ne ha la conferma: no, Saviano non è Leopardi e nemmeno Manzoni e neanche Cervantes... perché gli scrittori, almeno quelli che amano davvero la scrittura, necessariamente spariscono nelle parole - “Ha bestemmiato! Ha bestemmiato!”. Il nostro Saviano si diverte a stilare gli elenchi con Fabio Fazio, che anche lui da buon chierichetto ha acquisito familiarità con i santini e l'odore dei beati, o almeno  sa muovere l'incensiere. Loro stilano gli elenchi e a noi il compito di fare la spesa, sperando che sia rimasto qualche valore ben confezionato sugli scaffali.

Il signor Itchek entra nella sua libreria abituale e questo pomeriggio lo aspetta una sorpresa. Vicino alla cassa c'è una scatola-urna con la faccia facciona mortuaria del nostro eroe – che a vederlo così, all'improvviso, ti viene da toccarti... intende contro la sfiga il signor Itchek. A lato della scatola tante belle cartoline  dove noi piccoli uomini e donne siamo invitati a scrivere i nostri dieci motivi per stare al mondo. Si sa che noi arguti di sinistra amiamo moltissimo dilungarci in questi giochetti intellettuali di società. E poi c'è da considerare il fatto che le risposte migliori saranno citate – con nome e cognome! – dall'eroe presumibilmente nella prossima apparizione in video. Cosa scriveremo al numero uno? Qual è il nostro primo motivo per vivere? Mangiarsi le caccole?

mercoledì 19 ottobre 2011

giovedì 13 ottobre 2011

Parliamo di scrittura - incontro con Luca Nardini

"Il mese del libro 2011"
Provincia di Pisa
Biblioteca Comunale di Castelfranco di Sotto
mercoledì 26 ottobre ore 21.30

giovedì 18 agosto 2011

Icaro

Non fu la forza del sole. Le sue ali si sciolsero perché ogni goccia di luce era già diventata un Icaro.

domenica 14 agosto 2011

martedì 2 agosto 2011

La sagoma

Com'è che il signor Itchek, quando qualcuno gli scatta una fotografia, lui in quella foto sembra sempre fuori contesto? Di più: un fotomontaggio. La sua figura la diresti una sagoma appiccicata lì, e siamo certi che anche gli altri, che lo vedano di persona o ne guardino la foto, lo percepiscono come “un intruso”.
L'immagine della sagoma è forse la più calzante, perché lo straniero te lo puoi rappresentare anche perfettamente a suo agio, nel proprio paese, ma il signor Itchek? qual è il paese di provenienza del signor Itchek? Una sagoma rimane pur sempre una sagoma anche in mezzo al cartone.
Ora: lui da un fotografo non c'è mai stato, nemmeno per la fototessera da applicare alla patente o alla licenza di pesca. Preferisce di gran lunga l'anonimato di una cabina, che ahimè, queste cabine sono sempre più rare... Ma non c'è verso. Nonostante tiri la tenda neutra che fa da sfondo, anche su quella monocromia la faccia del signor Itchek appare un terribile fotomontaggio.
Non è che da bambino le cose andassero poi meglio, ricorda. E infatti nell'album di famiglia sono conservate delle sue fotografie addirittura agghiaccianti. In particolare due, dove si coglie l'epifania di un destino non soltanto a-tipico, ma più propriamente a-topico, e cioè “senza luogo” e perciò assolutamente singolare. Si tratta della fotografia dell'indiano e di quella del principe azzurro.
La prima volta che lo misero in maschera avrà avuto si e no quattro anni, e scelsero un costume, appunto, da indianino: un bel copricapo di piume da cui esplodevano le orecchie a sventola. Fu paradossale, perché si vede benissimo che quel tipo lì una tribù non l'avrebbe avuta mai. Il bagliore del flash lo ha impallinato in uno sguardo completamente assente, talmente sperso da spezzare il cuore. Il principe azzurro, invece, in apparenza ha un portamento più fiero. Quel bambino di una decina d'anni tiene la mano sull'elsa della spada. Si capisce tuttavia che è un modo un po' strano di festeggiare il carnevale... o meglio, lo sguardo del principe e il carnevale che c'è intorno a lui non hanno niente in comune. C'è invece del terrore, in quello sguardo. Gli altri ridono, soffiano nelle trombette, tirano coriandoli e stelle filanti – e lui mette mano alla spada, per difesa.
Il signor Itchek guarda la fotografia dell'indiano e poi quella del principe. Le sagome di cartone urlano: “Che ci facciamooo qui! Che ci facciamo quiiiiii!”. E purtroppo c'è poco da scherzare, perché all'orizzonte non si vede nessun luogo dove rifugiarsi. Rifugiarsi... o forse basterebbe dire essere a casa. Ma come fai a avere una casa se vieni... chissà? forse dalla luna? Pensa questo il signor Itchek, e chiude l'album.
No, c'è senz'altro un vizio originario. E' un po' come se il tuo fosse un errore di costrutto sintattico, una parola risulta sempre incongrua rispetto al mondo della frase, la sposti in avanti la sposti indietro e non ci sta. E allora? E allora la cosa sorprendente è che si può vivere anche così: l'indiano e il principe ancora non lo sapevano, ma il signor Itchek può dirselo senz'altro. E' incredibile, lui è arrivato a quasi cinquant'anni. Cinquant'anni che si difende dal carnevale...

martedì 5 luglio 2011

Intervista su Dolls

Ringrazio Davide Minosa per il suo interessamento a Dolls e l'intervista

sabato 11 giugno 2011

I professionisti della bontà

E' appena uscito Zone grigie, di Goffredo Fofi, per Donzelli editore di Roma. Il libro ha per sottotitolo Conformismo e viltà nell'Italia di oggi. Tra i diversi paragrafi alcuni sono dedicati al terzo settore e in particolare a chi “come suol dirsi, opera nel sociale”.
Fofi non fa di tutta l'erba un fascio, ma prende di mira “quei leader molto famelici o molto retorici e spettacolari, i professionisti della carità pelosa" e il loro "flautato cinismo". Gli riserva, tra l'altro, le seguenti parole:
“Vincono i forti, vincono i furbi anche nel sociale, e i poveri, i marginali, i perdenti sono perlopiù assistiti e protetti da associazioni, gruppi, governi che hanno inventato un meraviglioso sistema di circolazione del denaro, secondo cui si spende per assistere chi ne ha bisogno (dal massimo al minimo, dal continente africano al mendicante sotto casa) passando attraverso grandissimi ma anche piccolissimi raggruppamenti di funzionari della bontà, di elargitori di bene e di beni, di assistenti che si preoccupano più di assistere che di guarire, che, come per la cura del cancro, badano a non far morire il malato, mantenendolo nella malattia e nella dipendenza dal medico e dalle medicine, di mediatori specializzati (la figura del mediatore è diventata essenziale al funzionamento del sistema economico dominante...) in modo che di ogni budget due terzi più o meno rimangano nelle loro mani, e servano a mantenere anzitutto loro (e i loro cari) e solo accessoriamente, molto accessoriamente, i beneficiandi nel cui nome sono stati stanziati i denari. Questo meccanismo è semplice e chiaro, ma per funzionare ha bisogno dell'ipocrisia collettiva” ecc. ecc.

lunedì 7 marzo 2011

Ancora un premio

Luca Nardini, con il racconto "La vecchia matta", è tra i vincitori del 13°Concorso Laghese di Narrativa e Poesia 2011.
Il tema indicato per questa edizione era "Nel mondo dei sentimenti: l'egoismo".
La premiazione avrà luogo Domenica 27 marzo 2011 alle ore 15,30
Sala Dell'Antica Pescheria
Lagosanto - Ferrara

giovedì 3 febbraio 2011

Il signor Itchek interviene su "la miseria di Silvio"

Il signor Itchek vuole riflettere sulla miseria di uno degli uomini più ricchi del globo, Silvio Berlusconi. Gli viene in soccorso quello che Babette dice alla fine del pranzo e del film: “Un artista non è mai povero”. Ecco, l'esatto contrario vale per Silvio Berlusconi, che per il signor Itchek incarna quanto di più lontano esista dalla grandezza - un uomo escluso totalmente dalla benedizione della poesia e dell'arte. E' per questo che il poverino non fa che camuffarsi e dissimulare: nel profondo si vergogna della sua miseria, quella vera, e per quanto “apicelli” e cammini sui trampoli, lui lo sa che la grazia sta sempre dalla parte opposta del suo annaspio. Se la vita non finisce con la morte si può star certi che Babette, in paradiso, “incanterà gli angeli” - anche questa è una battuta del film. Il signor Itchek immagina invece che Berlusconi in paradiso non ce lo faranno entrare, almeno che non accetti il consiglio che i dulciniani imponevano ai ricchi: penitenziatige! Di sicuro, come si racconta in qualche barzelletta, lui chissà che cosa intrallazzerà per essere “ingressato” da san Pietro. Ma il signor Itchek esclude che i barzellettieri si possano guadagnare il paradiso con le battute di spirito.

Però siamo ancora qui, sulla terra fatta di terra, e bisogna stare in guardia. Gli uomini che rimangono esclusi dal tocco della grandezza, fosse soltanto per una volta nella vita e per una briciola di poesia, risultano infatti assai pericolosi. Li rode l'invidia, per esempio, e allora battono i piedi come i bambini e urlano “perché io no? perché io no?” - e fanno di tutto per abbassare il mondo intero alla loro indigenza. Si circondano di adulatori prezzolati pronti a leccare qualsiasi sozzume, ma lo sanno che il meretricio si fonda sulla pecunia e non ha niente a che vedere con l'autorità e il godimento. La grazia della poesia non è quella cosa che ti crescono i capelli di nylon e prendi il viagra e ti fai tirare le pappagorge e allora sì che ce l'hai. Ricordiamo il ricchissimo e grande Empedocle, così superbo da credersi addirittura un dio: lui si gettò nell'Etna e ne rimase un sandalo – Berlusconi invece si fa costruire un vulcano di coccio nel giardino, lo accende per gli ospiti e gli piace per davvero. C'era Pericle e c'era Aspasia e c'era Fidia – a noi ci è toccato Silvio, Ruby, Fede e il bunga bunga - niente da fare, gli strumenti umani del presidente arrivano fino a qui.

Dicono che sia un uomo malato. E comunque, come scrive il rude Belpietro su Libero, “il vecchio porco” ha dalla sua per lo meno l'assenza di ipocrisia. Del resto anche un macellaio qualunque lo sa che è meglio la carne di vitellina di latte che quella di mucca, o no? Quindi, se è una malattia, la miseria di Silvio Berlusconi dev'essere per forza qualcosa di molto virulento e contagioso. Perché ne siamo infettati un po' tutti in fondo, non è vero Belpietro? E anche per questo Silvio Berlusconi vince gli appuntamenti elettorali, ne siamo sicuri, perché al popolo bue gli piace di più la vitellina che la mucca... Il ragionamento fila, pensa il signor Itchek. Però è un ragionamento soltanto apparente: dici mucca dici vitella di latte e dici anche vacca, e alla fine fai in modo che le donne siano considerate, ora e domani, carne da macello. E' questo il messaggio nemmeno troppo subliminale del premier e dei suoi linguacciuti leccaculo. Belpietro comunque stia tranquillo: l'accordo tra il popolo bue e il macellaio tiene. E poi i macellai, appunto, non scrivono poesie.

La grazia e il bello cos'hanno da spartire con le trippe? Bondi, purtroppo, non è Policleto, e nemmeno Apicella Orfeo. Certo, Silvio Berlusconi rimane il padrone del circo, ma quelli che vedi in giro non sono angeli volanti. Del resto, poverini, fanno del loro meglio. Non è che uno il buon gusto può inventarselo di sana pianta, e cosa puoi aspettarti da un nano? da un buffone? o da un tristissimo freak? Intanto tengono su il circo e fanno un po' di spettacolo. Molti di loro occupano i programmi televisivi e parlano parlano parlano, come se murassero le parole. Gustavo Zagrebelsky nel suo ultimo libriccino scrive “di una malattia degenerativa della vita pubblica che si esprime... in un linguaggio stereotipato e kitsch, proprio per questo largamente diffuso e ben accolto”. Sono loro e le loro parole. Ancora una degenerazione patologica - la malattia - ma questa volta si tratta della lingua che ci siamo scoperti a parlare. E raccontarci le cose per frasi fatte in un lingua banalizzata - attenzione! - è l'esatto contrario della poesia. Così tutto si tiene, conclude il signor Itchek. Anche con lo sputo.

Non bisogna abbandonarla l'analisi critica: il figuro che dirige quella bandaccia di stonati al governo, se lo guardi da una certa prospettiva capisci che è un poveruomo – la miseria di un uomo odioso e mediocre, lo definisce il signor Itchek. Ride e sgambetta, fa le corna, i cucù e i bausette, oltraggia dio la donna e la madonna... e se continua così a un certo punto tirerà fuori anche il pistolino. E' profondamente volgare e ridicolo. Guai a riderne comunque: l'ometto è pericolosissimo per tutti noi. Cominciare a sgretolare il suo mondo di cartapesta vuol dire cominciare a sgretolare le sue parole. In che modo? Così come fanno i poeti: al servizio di un linguaggio diverso dal suo, fuori dal suo limitato universo linguistico e dalla sua immaginazione-trippa. Guardandolo un'ultima volta attraverso queste parole poetiche e poi via dal nostro orizzonte, che si possa infine ritornare a vedere un po' di sole. E' difficile, si dice il signor Itchek, molto molto difficile. Ma è ancora possibile. Ci sarà pure un po' di luce alla fine della galleria!

Dopo aver letto Dolls


domenica 2 gennaio 2011

Raul Vaneigem, sulla soglia del 2011

"L'autenticità non è una realtà nuova, né Kleist un'eccezione quando pretendeva di non essere felice che in sua sola compagnia, perché gli era permesso di essere totalmente vero. Ciò che è nuovo, è il rilievo che prende l'autenticità nel disgregarsi della menzogna sociale, nello sfacelo dei personaggi caratteristici a cui ciascuno era obbligato ad identificarsi fin dall'infanzia".