Donatella Talini

Donatella Talini

lunedì 5 marzo 2012

Il ponte


Il mare si faceva sempre più nero, furioso: era il mostro che ci avrebbe divorato, lo sapevamo bene. La spiaggia da dove iniziò l’impresa non si vedeva quasi più, e c’era chi inventava favole sulla nostra nascita – non scorgevamo nemmeno l’isola, e alcuni di noi la chiamavano Itaca, cantavano la nostra sorte.

Solo il mare, lo scricchiolio di un ponte incompiuto. Ma avevamo dei giunchi, così esili che si flettevano a ogni respiro, e continuammo a costruire. Non c’era una terra ad attenderci, sapevamo anche questo; forse era stata inghiottita anche la spiaggia, e il ponte poggiava sul nulla – si diceva che isola e spiaggia fossero parti dello stesso buio. Sentivamo il ruggito del mare, e sarebbe bastata un’onda poco più alta perché anche la nostra vita venisse spazzata via – avevamo perse decine e decine di compagni, e la notte, per non sentirci mancare ci stringevamo forte l’un l’altro. Ma intrecciammo ancora i nostri giunchi, e vestivamo di mille colori, con mille copricapo come creste e canti di uccelli, era l’unico piacere che c’era dato e non volevamo perderlo.

Ridevamo della nostra sorte: un ponte di giunchi che si inarcava nell’assenza di orizzonti. Ed eravamo folli e caparbi, e raccontavamo le nostre favole.