Donatella Talini

Donatella Talini

giovedì 3 novembre 2011

La via della natura


Il signor Itchek legge con molto scetticismo Zhuang-zi, che si scrive anche Chuang-tzu e chissà come si pronuncia... Il taoismo è forse la religione/filosofia che dista di più dalla sua provincia mentale. Per convincersene si ripete quanto segue, tratto dal repertorio del saggio: “l'eccesso di intelligenza mette disordine nella radiosità della luna e del sole, sgretola le montagne, asciuga i fiumi e turba il succedersi delle quattro stagioni. Questi mali disturbano nelle loro abitudini perfino i vermi timorosi e gli insetti minuscoli” - e come fai qui a non ridere di fronte ai vermi timorosi? Ma il signor Itchek continua a leggere: “Quale disordine l'amore per l'ingegnosità non ha portato nell'universo?”. Eh no, il signor Itchek proprio non si trattiene. E sbotta. Ma come puoi dimenticarti dell'Ulisse di Pindemonte?

Musa, quell'uomo di multiforme ingegno
dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra
gittate d'Ilïon le sacri torri
che città vide molte, e delle genti
l'indol conobbe ecc. ecc.
Che in effetti però, queste cose qui a Zhuang-zi un po' di ragione gliela danno... che Ulisse di casino ne ha fatto parecchio, eccome! e una volta rasa al suolo Troia, sul mare del ritorno i suoi compagni morirono tutti, e quel rinomato ingegno, per quanto multiforme, senz'altro non ce la fece a salvarli - aveva funzionato col Ciclope, Circe, i mangiatori di Loto e il cavallo... - ma quando si mettono in mezzo gli dei... hai voglie te e il multiforme ingegno!

Se uno poi legge l'ultimo libro del filosofo Emanuele Severino, dedicato alla moglie Esterina – che per l'anagrafe è morta, ma stando a “Ciò che sta più in alto”, cioè la verità, non è vero che è morta... anche se questo è un altro discorso – insomma Emanuele Severino nell'ultimo libro insiste: “E' perché l' 'uomo' si è dato da fare che la sua è la storia della violenza”. Dunque era meglio se l'uomo non faceva nulla? Non è che abbia potuto scegliere, l'uomo, no davvero - e difatti il filosofo si affretta a precisare “non era possibile che accadesse altrimenti”, e vai come uno schiacciasassi logico: “inoltre non è che mentre il fare sia la malattia, invece il non fare, l'abulia e l'inerzia siano la salute”. Che invece Zhuang-zi dice proprio questo: guai a chi trascura il non-agire! Che la grande abilità sta proprio lì - e allora, metaforicamente (o forse no?) sarebbe meglio “segare le dita all'artigiano”. Ma è anche vero che Zhuang-zi, almeno rispetto alle parole di Severino – che continua imperterrito a masticare con la dentiera del principio di non contraddizione – Zhuang-zi, ne deduce il signor Itchek, lui non è che ci faccia poi una bella figura. E infatti: “L'inerte o è un uomo d'azione fallito, oppure è convinto che il suo modo di vivere sia il miglior modo di fare”. Che se uno traducesse Severino con l'appellativo che la maestra delle scuole elementari del signor Itchek una volta rivolse al compagno Giuseppe Mazzoni, arriverebbe a dire: Zhuang-zi, lo so quanto sei convinto... ma proprio perché “tu sei duro di menta!”.


Esce da casa. Nella sua città è iniziata la raccolta in bidoni differenziati, porta a porta. Uno marrone per l'umido – che lui ha ribattezzato il bussolo dei cadaveri... - uno bianco per la carta e i cartoni – che in realtà sembra un mastello pieno di buchi. E poi il sacchettone azzurro per le plastiche, il più voluminoso. Oggi però è il giorno dei pannoloni da incontinenti - vecchi allettati, handicappati, paralitici... insomma, quelli che ahimè sopportano il peso e l'amarezza dell'esistenza. Con assoluta mancanza di pudore l'Amministrazione Comunale ha imposto di esporre davanti all'ingresso di casa il bussolo color arancio fosforescente, che ti dice: qui c'è un uomo o una donna che si pisciano addosso - lo vedi bene? abita proprio qui! E al signor Itchek questa mancanza di riguardo lo fa star male. Ovviamente lui non ce l'ha con i pannoloni, lui ce l'ha con chi ha deciso questo tipo di raccolta dei rifiuti, che ti fa diventare un povero imbecille civico, un pecorone ecologico che si crede all'avanguardia, e per quanto non ancora un pisciaddosso... di sicuro un pisciasotto. Ma questo è un tema che non ha voglia di ripercorrere. Il signor Itchek guarda invece la strada dove abita, che è una dirittura piuttosto lunga e stretta. Di qua e di là, sui marciapiedi, vedi d'infilata un bussolo arancione qui, uno oltre, uno ancora più in giù. Per ognuno di quei bidoni qualcuno si piscia addosso. Eccolo qui il Dao.
Insomma, agire? O non agire? Che te ne fai del multiforme ingegno? Sei fuori dalle inespugnabili mura di Troia, e così il problema è quello di entrare nella città. Sei dentro la caverna del Ciclope e quel macigno blocca l'ingresso – la “ponderosa pietra/ che ventiduo da quattro ruote e forti/ carri di loco non avrìano smossa – e allora, maledetto quel pietrone, il problema è che sei prigioniero nella grotta e devi uscire. Ecco l'ingegno: attraverso quello che familiarmente puoi definre "gnégnero" sei sempre dall'altra parte di dove stai, proiettato in avanti. Per esempio trovi un tronco d'ulivo, così storto, e con le dita del falegname – che fortunatamente non le segasti – lo fai bello diritto e appuntito - Come/polita fu, da un lato io l'affilai, / l'abbrustolai nel foco. “e nell'occhione gliela infilai...” gli viene da concludere al signor Itchek. E' per questo che lui ama Ulisse, perché in qualche modo trova sempre il verso di sfangarsela. Molto meno gli piace Severino invece, che è assorto in verità talmente elevate e necessarie e incontrovertibili... che il fango, come quella cosa che prima non era e ora è e poi non sarà vieppiù mai, per lui è un assurdo. E dunque, fosse per Severino, continueremmo a sguazzarci dentro per l'eternità, nella merda, tanto è un impossibile logico... Il signor Itchek non ama affatto Chuang-tzu o Zhuang-zi che dir si voglia invece. Perché il signor Itchek lo sa che la via della natura è mostruosa. Anche se la chiami Dao. Altro che il non agire: a lui il compasso, la squadra, la cordicella – tutti quegli strumenti umani del falegname, del vasaio, del carpentiere – tutta quella robetta lì insomma, con cui l'uomo-artigiano cerca di addomesticare la violenza della natura, e che al filosofo taoista lo fanno un po' ridere perché ahimè inutili e meschini, a lui gli piacciono invece un casino. Viva Ulisse, dunque! e abbasso Polifemo, che in quanto bruto naturale fa proprio schifo, lui sì che mangia la carne umana! E ora che gli si è alzata anche la pressione – quella sanguigna e quella del pensiero - il signor Itchek rientra in casa.